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Api e Aquile

Api e Aquile

 

API E AQUILE

Casavatore 04-05-2025                                                                      PREDICAZIONE: DOTTORE FRANCESCO PUCCIO

Oggi è una serata speciale, perché è l'ultima sessione della Conferenza della PDG Napoli, un'occasione importante che segna il culmine di giorni di apprendimento e condivisione. Abbiamo inoltre l’onore di avere con noi il Dottor Francesco Puccio, colui che concluderà i lavori di questa Conferenza. L’oratore inizia dicendo di avere la profonda convinzione di non dover semplicemente ripetere quanto è già stato condiviso, perché tutto quello che c’era da trasmettere, in questi giorni, è stato ampiamente condiviso. Tuttavia, c’è una responsabilità: quella di aiutarci a disporci in una maniera tale da non lasciare che tutto quello che è stato insegnato venga dimenticato o lasciato inutilizzato. Troppe cose preziose sono state dette perché possiamo permetterci il lusso di buttarle via. Quindi, andiamo subito con il titolo del messaggio, che può confondere, ma, a detta del relatore, avremo modo di capire strada facendo il senso di quello che ha ricevuto: “Api ed Aquile”. Per mantenere la linea guida della conferenza, i tre versi base del messaggio vengono dal libro dei Proverbi:

Proverbi 20:8; “Un re che siede sul trono di giudizio dissipa col suo sguardo ogni male.”  

Quando leggiamo questo verso, vorremmo che, parlando di un re, non pensassimo a un re qualsiasi, ma a noi stessi: stiamo parlando di noi.

Proverbi 21:1; “Il cuore del re in mano all'Eterno è come i corsi d'acqua; lo dirige dovunque egli vuole.”

Questo rimanda al libro di Ezechiele, dove c’è un fiume che porta vita, nutrimento e guarigione: l’acqua che dirige Dio.

Proverbi 29:4; “Il re rende stabile il paese con la giustizia, ma chi riceve regali lo manda in rovina.”

Il re rende stabile il paese, il lavoro, la famiglia, l’ufficio, la coppia, gli amici con la giustizia, mentre chi riceve regali, cioè chi è corrotto, manda tutto in rovina. In questi giorni si è parlato di posizione, di chi siamo e dove siamo seduti: nei luoghi celesti, ripieni di vita e autorità di Cristo. Si è parlato di vicinanza a Dio e di generatività, ovvero la capacità di moltiplicarci non solo nello spirituale ma anche nel naturale, riprendendo l’intento originario di Dio che creò l’uomo per moltiplicarsi e dominare. Si è discusso dell’importanza di famiglie numerose e della necessità di contrastare l’opera del nemico che vuole bloccare questo ciclo. Abbiamo parlato di opportunità e di abbandonare una visione egoistica di noi stessi per diventare uomini benedetti che sanno benedire. Benedire significa voler bene concretamente, accompagnando e sostenendo l’altro per il meglio della sua vita. Amare a volte significa anche correggere con fermezza, come Gesù ha fatto molte volte nei Vangeli, fermando chi era sulla strada sbagliata; Gesù non ha fatto altro che manifestare l’amore insegnatogli dal Padre. Abbiamo considerato l’opera di Dio in noi, che rende efficace la chiamata a conformarci a Cristo, re e sacerdoti come Lui, seguendo il Suo esempio, perché, come afferma il Vangelo di Giovanni, beati sono coloro che mettono in pratica ciò che Egli ha insegnato. Tuttavia, non si tratta solo di fare come Lui, ma di essere come Lui, perché il nostro modello di sacerdozio e regalità è Cristo stesso, nel quale risiede la nostra autorità. Infine, è fondamentale tradurre la Parola, che è la verità, in fatti concreti nelle nostre vite, perché soltanto vivendola iniziamo davvero a manifestare fede.

2°Corinzi 3:18; “E noi tutti, contemplando a faccia scoperta come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine di gloria in gloria, come per lo Spirito del Signore.”

Non siamo chiamati a imitare Gesù, perché non siamo scimmie: qui la scimmia è Satana, ma abbiamo un’identità, perché se Cristo vive in noi, siamo come Lui e dobbiamo semplicemente smettere di vivere secondo noi stessi. Più siamo noi, meno Lui può esprimersi; più annulliamo noi stessi, più Cristo vive. Morire a noi stessi può sembrare una brutta espressione, ma è essenziale, perché meno ci siamo, più riusciamo a essere come Lui, esercitare autorità, ricevere benedizioni e realizzare il Suo proposito. Se facciamo le cose da noi stessi, Dio provvederà meno e si vedrà meno il Suo piano compiersi, cadendo così nella lamentela e chiedendosi perché Dio non compia e non dia ciò che ha promesso. La chiave è annullare noi stessi per permettere a Cristo di manifestarsi, contemplandolo a faccia scoperta per essere come Lui. Siamo chiamati a governare con Lui, ad essere re in Lui, e in Lui esercitiamo un sacerdozio eterno. Come sacerdoti, ci spendiamo davanti a Dio come fumi d’incenso, adorando e sacrificando noi stessi: la nostra vita diventa un altare dove bruciamo il nostro passato, presente e carne davanti al trono di Dio; questo è ciò su cui dobbiamo meditare.

Efesini 2:6-7; “e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù, 7 per mostrare nelle età che verranno le eccellenti ricchezze della sua grazia, con benignità verso di noi in Cristo Gesù.”

Dio vuole mostrare al mondo quanto siamo benedetti, ma per farlo dobbiamo smettere di essere noi stessi, perché finché vivremo secondo noi, le ricchezze, la potenza e la benignità di Dio non potranno manifestarsi. Dobbiamo quindi, in senso figurato, “suicidarci”, perché solo eliminando noi stessi Dio manifesterà la Sua ricchezza al mondo, e fare in modo che ciò che è stato insegnato diventi una realtà quotidiana. Oggi si parla di regalità, dell’autorità di un re e delle competenze di un re. Sapete, a Dio non interessa la corona o la genetica, ma la disponibilità a esercitare la funzione del re: organizzare, comandare, governare, mettere ordine; Davide, pur non essendo figlio di re, fu guidato da Dio a stabilire una nazione. Oggi parliamo delle api, che sono tutte geneticamente uguali, laboriose, organizzate e sterili. Ci sono due categorie: le operaie, che raccolgono polline, producono miele e difendono, e la regina. La regina non è scelta per genealogia, ma diventa tale perché, a differenza delle altre che si nutrono di pappa reale solo per tre giorni, lei si nutre di pappa reale per tutta la vita, il che la rende più forte, longeva, grande e fertile, pur avendo lo stesso genoma. La regina organizza, difende e mantiene numeroso il popolo, producendo uova ogni giorno; è il suo nutrimento costante di pappa reale che la trasforma in regina. In altri termini, è il cibo di cui si nutre una larva che cambia il suo destino: da schiava a re, da anonima a regina. Questa riflessione ci ha colpito profondamente, perché ci fa pensare a una metafora che ci riguarda molto: se anche gli uomini mangiassero il cibo giusto, potrebbero forse diventare capaci di governare, di mettere ordine, di diventare più forti e generativi in ogni senso? Certo, anche noi potremmo diventare straordinari semplicemente cambiando alimentazione. Non parliamo di dieta naturale, ma di un cibo che muta il destino: un nutrimento capace di portarci dalla condizione di schiavo a quella di re. Questo ci deve far riflettere, perché il giusto nutrimento può trasformarci definitivamente, per noi stessi, per chi ci circonda, per la famiglia e per il nostro futuro. La Parola ha sottolineato più volte durante la conferenza quanto il disordine rovini la vita degli uomini. Pensiamo a un alveare con 10.000 api senza la regina: impazzirebbero, volerebbero ovunque, si ucciderebbero, perché mancherebbe chi dà ordine e governo. La Parola dice che un popolo senza visione, cioè senza governo e direzione, è sfrenato. Se viviamo così, non sappiamo dove andremo a finire quando la corsa sarà terminata, perché la mancanza di ordine non danneggia solo la vita terrena, ma anche la vita futura. Oggi dobbiamo vivere immersi nella pappa reale, il cibo dei re, quella sostanza che ci mette su un trono. A Dio non importa chi eravamo prima di incontrarlo, perché il nostro destino è comunque regale e non contano il nome, la famiglia o l’origine, a Lui interessa che diamo la nostra vita e ci nutriamo della Sua verità, così da ricevere tutto. Basta avere il cibo giusto e chi ci cura nella maniera corretta, perché la Parola ci dice che esistono persone con una grande responsabilità verso i figli di Dio: perfezionarli. Il cibo giusto è la giusta cura, non troppo per non fare indigestione, né troppo poco per non restare a digiuno. Esiste qualcosa di corretto che ci porta alla giusta dimensione, sia naturale sia spirituale, per questo è fondamentale avere una visione corretta di come camminare con Dio: abbiamo bisogno del cibo giusto e della cura giusta, da cui dipendono presente e futuro. La responsabilità non è solo di chi eroga il cibo, ma anche nostra, perché dobbiamo cercarlo, desiderarlo, volerlo, anche quando a volte può non piacere. In Esodo è scritto che per la Pasqua bisognava mangiare tutto l’agnello, anche le parti meno gradite erano necessarie; ciò significa che il cibo giusto può non essere immediatamente gradevole, ma è quello che serve.

Giosuè 1:8; “Questo libro della legge non si diparta mai dalla tua bocca, ma meditalo giorno e notte, cercando di agire secondo tutto ciò che vi è scritto, perché allora riuscirai nelle tue imprese, allora prospererai.”

Agire significa sperimentare la verità della Parola, perché se non la viviamo coerentemente, resterà solo parola e mai sostanza, quindi dobbiamo metterla in pratica. Sfidiamo Dio dicendo: “Signore, se perdono quella persona, Tu mi benedici? Va bene, la perdono,” ma facciamolo sul serio, sapendo che quando lo facciamo, Lui vince sempre e ogni volta che vince, noi siamo benedetti. Esistono tre tipi di alimentazione spirituale: la prima riguarda chi vive secondo spirito, anima e corpo; la seconda chi segue anima, corpo e spirito; la terza chi mette al primo posto il corpo, poi spirito e anima. Nella terza categoria, il corpo domina e lo spirito è muto; l’unico alimento è il piacere carnale, governato dal principio del piacere. Non ci sarebbe nulla di cristiano, nemmeno in apparenza, perché si cercherebbe solo la soddisfazione della carne e la presenza di Dio annoierebbe. Nella seconda categoria, l’anima domina, urla e si nutre di relazioni: emozioni e legami con le persone ci fanno sentire valutati e accettati. Le relazioni orizzontali governano le scelte e l’amore è legato all’approvazione altrui. Lo spirito resta muto anche qui, mentre il corpo sostiene l’anima nel coltivare relazioni. Nella prima categoria, invece, si vive secondo spirito, anima e corpo; ci si nutre della presenza di Dio, della Parola, della preghiera in altre lingue, come dice la Scrittura: chi parla in altre lingue edifica sé stesso. Ci si alimenta di tutto ciò che permette a Dio di guidare la nostra vita; pur avendo un’anima e un corpo normali, si mantiene il contatto con lo Spirito Santo, che ci ricorda sempre: “Io ti amo e qualsiasi cosa possa succedere, io scelgo sempre te.”

1°Pietro 2:2-5; “come bambini appena nati, desiderate ardentemente il puro latte della parola, affinché per suo mezzo cresciate, 3 se pure avete gustato che il Signore è buono. 4 Accostandovi a lui, come a pietra vivente, rigettata dagli uomini ma eletta e preziosa davanti a Dio, 5 anche voi, come pietre viventi, siete edificati per essere una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo.”

“Per suo mezzo cresciate”: l’unico modo per crescere, per maturare, è quello di avere in noi il giusto alimento, il giusto alimento. Quando si prega perché qualcuno riceva o sia battezzato nello Spirito Santo, viene dichiarato di voler essere il tempio del Suo Spirito, la casa dello Spirito Santo, luogo di accoglienza e guarigione. Per essere la casa dello Spirito Santo, dobbiamo rendere l’arredamento coerente con Lui; se la casa è inospitale, perché dovrebbe restarci? Nelle due categorie dove spirito non è prioritario, lo Spirito Santo è scomodo perché c’è troppo altro. Vogliamo ancora vivere nei luoghi celesti? Allora dobbiamo essere edificati, crescere e nutrirci bene; altrimenti resteremo ancorati alla terra. Ci viene da chiedere se vogliamo davvero condurre una vita misera qui, se dobbiamo vivere nel dolore per coerenza col nostro malessere e se crediamo che, così facendo, riceveremo la corona della vita senza aver mostrato Cristo in noi. Se non abbiamo mai moltiplicato, mai mostrato Cristo, come potremo dire: "accetta Gesù e sarai come me?" Se non sorridiamo mai e viviamo nel bisogno, non daremo mai un esempio desiderabile. Dobbiamo nutrirci di ciò che è giusto, poiché se sappiamo di essere re non mangeremo spazzatura, in quanto il cibo determina come stiamo e che vita vivremo, perché non vogliamo vivere come i Mangiatori di patate. Guardiamoci per quello che siamo in Cristo e, se finora non abbiamo vissuto da cristiani, è tempo di immergerci nella pappa reale e rinnovare la mente nella Parola. Alimentazione giusta e giusta cura si ottengono scegliendo il cibo adatto e chiedendo, con umiltà, di essere curati, perché nel farlo accettiamo anche la correzione. Dobbiamo scegliere consapevolmente il cibo che supporta la nostra salute, fisica e mentale, senza lasciarci tentare da cibi spazzatura, rapidi e facilmente accessibili. È importante di dire no a ciò che non è buono per noi, per permettere a Dio di amarci nel modo giusto e utilizzare la Sua intelligenza. Quindi, siamo capaci di riconoscere la nostra funzione, comprendendo chi siamo, quale sia il nostro scopo e come esercitare il nostro ruolo di re e sacerdoti? Non riconoscerlo è un problema, e per riuscirci è essenziale nutrirci in modo corretto e ricevere la cura adeguata. Abbiamo ricevuto un mandato: amare, manifestare la vita di Cristo e portare frutto duraturo, un dovere per tutti e non un compito opzionale, perché chi non porta frutto dovrà, poi, rendere conto delle occasioni mancate. In un incontro casuale, non evangelizzare una persona può significare la sua morte e condanna eterna. Ogni giorno Dio ci offre appuntamenti per adempiere al nostro mandato, ma spesso li trascuriamo. Quando ci alimentiamo della verità, possiamo agire come re, vivendo una vita che manifesta abbondanza, gioia e vita eterna, non solo per noi stessi ma anche per gli altri. Dobbiamo anche chiederci quanto tempo passiamo in comunione con lo Spirito Santo, pregando e adorando Dio in spirito e verità, come richiesto dalla Scrittura. La dignità dei figli di Dio, chiamati a essere re e sacerdoti, non è solo un titolo, ma una funzione da esercitare ogni giorno. Così come un medico è chiamato a curare, assumendosi la responsabilità di ogni decisione, anche noi siamo chiamati a esercitare le funzioni che ci sono state affidate, nutrendoci correttamente e ricevendo la giusta cura per adempiere al nostro ruolo e compito spirituale.

Andando verso la conclusione, dobbiamo chiederci: stiamo volando in alto o stiamo ancora strisciando in basso? L'oratore ci ha parlato delle grandi testimonianze ricevute da Dio, e una di quelle più significative, vissuta qualche anno prima, desiderava raccontarla come testimonianza per la gloria di Dio. Cominciò il suo racconto dicendo che, mentre pregava, essendo una persona che sogna, immagina e vede oltre, si trovò immerso in contemplazione, quando all’improvviso una visione lo colse: si ritrovò a vedere la terra dall’alto. Era splendida, come in un documentario, con campagne verdi, colline dolci e panorami mozzafiato. Ma poi qualcosa è cambiato: la prospettiva si è ribaltata e, da quel volo alto, si è ritrovato a precipitare verso la terra. La paura invase il suo cuore, un brivido lo attraversò, ma guardando giù si accorse che qualcosa non andava: al posto delle braccia, c’erano ali, e al posto dei piedi, artigli. Fu in quel momento che capì che Dio gli stava mostrando qualcosa: la paura svanì e, invece di continuare a precipitare, iniziò a risalire, riprendendo quota, sempre più in alto, sempre più in alto... fino a volare altissimo. Questo per dirci che, quando ci alimentiamo del cibo giusto, quello che viene dal Re, voliamo altissimi, e quando voliamo così in alto vediamo le montagne come piccoli sassolini, e i giganti che ci sembravano insormontabili diventano piccole ombre. La nostra luce non è più oscurata, perché siamo sempre guidati, vediamo la luce, vediamo la direzione giusta. Quando siamo alti nel volo, nulla può fermarci, perché guardiamo ogni cosa dalla prospettiva di chi è re e sacerdote, una visione più elevata che cambia completamente il nostro modo di vedere. Da lì, possiamo vedere tutto in modo chiaro, mettiamo ordine, osserviamo le cose attraverso la lente del nostro ruolo e riconosciamo ciò che ci serve per superare ogni ostacolo. Quali sono le cose che ci servono? Semplice: dobbiamo ruotare le ali e riprendere quota. Cambiamo le aree della nostra vita, smettiamo di agire da larve, nutriamoci della pappa reale e così diventeremo forti e grandi, capaci di parlare sopra le montagne e vincere su ogni ostacolo. Questo è il cambiamento di mentalità che ci serve, perché finché non ci muoviamo nello Spirito, non rafforziamo la nostra relazione con lo Spirito Santo e non ci affidiamo pienamente a Dio, non avremo mai la consapevolezza di essere seduti nei luoghi celesti; tutto resterà solo teoria e parole ascoltate in una conferenza. Il Salmo 1 ci ricorda con maestà che beato è l'uomo che non si lascia traviare dai consigli degli empi, ma il cui diletto è nella legge dell'Eterno, perché Essa è il nostro nutrimento, la nostra pappa reale.

 

 

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